Guatemala, alla ricerca di Maximon

chiesa kiruna

Pillole di viaggio.

Stiamo navigando sul lago Atitlán. Uno splendido specchio d’acqua di origine vulcanica nel mezzo del vasto altopiano guatemalteco, terra fertile e ricca di colori e profumi. Di fronte a noi emerge dall’acqua in tutta la sua eleganza la silhouette dei vulcani Toliman e San Pedro, che ci guardano come a controllare i nostri movimenti.
Stiamo andando verso il villaggio di Santiago de Atitlán, situato proprio nel mezzo tra i due vulcani. Si tratta di un villaggio pittoresco che si sviluppa su un ripido pendio. D’altra parte, in questa zona centro americana, di pianeggiante ci sono le superfici dei laghi e poco altro.
Santiago, come moltissime altre comunità della zona, è un villaggio indigeno Maya. Qui volti, colori, tradizioni, sono rimasti ancora autentici e fedeli agli antichi usi e costumi dei loro antenati.
Sono volti fieri del loro passato e della propria identità, cui tengono particolarmente e che rimane forte nonostante ritmi e modalità della vita moderna.
Noi stiamo andando a cercare proprio questo. Una tradizione Maya tramandata nel tempo. Una tradizione che inevitabilmente è stata influenzata dal sincretismo religioso, aggiungendo e fondendo insieme elementi della pratica Cattolica a quella Maya, ma rimasta particolarmente significativa e unica.
Stiamo cercano il Maximòn. Una divinità Maya rappresentata da una statua in legno. Si tratta di una figura maschile, un uomo distinto, viene vestito con abiti tradizionali ed eleganti, con cravatta e doppiopetto, indossa un cappello e occhiali da sole, e viene ospitato a turni che cambiano ogni anno da una delle varie confraternite religiose del luogo.
Difficile per uno straniero sapere dove si trova. Ma con le dovute intercessioni locali si può riuscire a scovare il suo nascondiglio. Entrare in una di questi posti è un’esperienza unica. Il Maximòn viene accudito dai membri di una confraternita 24 ore su 24. Ci si occupa delle esigenze spirituali del santo, con omaggi floreali, candele, incenso, decori religiosi di ogni tipo, e anche delle esigenze materiali. Il Maximòn ama fumare ottimi sigari e bere liquori di qualità. I membri della confraternita si adoperano senza sosta per assicurarsi che ci sia sempre un sigaro acceso e con buona frequenza gli versano in bocca bicchierini di rum o acquavite. La statua è vuota al suo interno, per cui il liquore scende verso il basso dove viene raccolto e bevuto dai fedeli che vanno in pellegrinaggio a trovarlo.
La famiglia che ospita il Maximòn gli dedica una stanza intera, che per un anno diventa un tempio vero e proprio. Il Maximòn uscirà solo una volta durante la Settimana Santa prima di cambiare domicilio per l’anno successivo. Nel frattempo la confraternita è molto impegnata. Il tempio è costantemente gremito di visitatori e sciamani in preghiera che portano offerte in denaro, doni, liquori, e, in questo ambiente pregno di incenso e fumo, bevendo rum stabiliscono con il santo una sorta di connessione spirituale che gli permette di comunicare e di chiedere un occhio di riguardo per la tutta la comunità.