Ripartiamo.. nel 2022

musica cinese

Ripartiamo… nel 2022.

Allora facciamo così. Visto che fatico a districarmi fra DPCM incomprensibili, tra cose che si possono fare e altre che forse sì, ma dipende. Fra terze, quarte e quinte dosi. Fra green pass e polemiche. Fra numeri che salgono, ma non così tanto, anzi no in effetti noi siamo il paese più virtuoso d’Europa (chi l’avrebbe mai detto!). Fra entrate contingentate e ammucchiate nei ristoranti, fra apriamo le discoteche, ma non le balere… ecco io mi tiro fuori e penso per me. Poi se sarà possibile trasformerò queste mie ambizioni personali in programmazione per viaggi della CTC. Programmazione che potrebbe sembrare una passeggiata a piedi nudi nel parco. Ma è un parco autunnale, di castagni, e per terra è pieno di ricci.

E così mi metto tranquilla con un caffè e una sigaretta (che non fumo) e mi vedo in partenza, da febbraio almeno. Ecco sì, parto per l’Islanda. Qui ci sono personaggi meravigliosi che credono che dentro le pietre vivano dei folletti! Che magica purezza che ha nel cuore questa gente! E pensare che il paesaggio è così aspro, così appuntito: un mix di ghiaccio, lava, distese desertiche e cieli incombenti. Il piatto nazionale è lo squalo putrefatto. Ecco forse la dicitura non è proprio questa, ma la sostanza sì. Come si fa ad affiancare su una tavola apparecchiata con tovaglie a quadretti bianchi e rossi uno squalo morto da oltre un anno con torte di mirtilli così buone?

Resto a nord. Me ne vado in Lapponia Finlandese, in uno di quei favolosi igloo di vetro riscaldati e immersi nel bosco più a nord del mondo, tra alberi e cielo. Aspetto le luci della notte artica e mi auguro che l’aurora boreale tinga a sfumature surreali il cielo che sembra precipitarmi sulla testa. Quando sono andata anni fa ero salita baldanzosa su una slitta trainata da una muta di cani. Il concetto era semplice: le eroiche bestione dagli occhi vitrei capivano perfettamente i segnali di “avanti, sinistra e destra”. Avevano più problemi con lo STOP. In qualche modo ho fatto, tra tante risate e altrettante carezze e croccantini di premio.  E dopo tanto correre e rincorrere ricordo che me ne stavo lì, nel silenzio più silenzio che si possa concepire a guardare in su. La sensazione di essere sola al mondo a guardare per aria in attesa di scie luminose, stelle cadenti, lune di ineffabile purezza.

Bello no?

Poi a Marzo, ma verso la fine, me ne vado in Grecia. Voglio rinverdire i miei ricordi scolastici di miti greci, rovine archeologiche e gran piatti di mussaka! Scusate. Cado sempre nel prosaico, ma non di solo cultura vive l’essere umano…Quindi vado sì ad Atene, Corinto, Epidauro e Delfi, posti dove le guide avranno agio di sciorinare l’immensa cultura storica che possiedono, ma poi voglio la vita, mediterranea, piena di sapori, profumi e colori. Voglio ballare sirtaki e voglio mangiare carne d’agnello alla griglia! E il mio tour greco lo finisco a Santorini. Tra case bianche come la calce, cupole azzurre e stradine ciottolate. E so bene il casino che c’è sempre a girare su quest’isola. Per questo ci vado un po’ prima che la stagione delle orde turistiche raggiunga l’apice. Perché voglio godermi l’atmosfera passeggiando con letizia, sorseggiando un bell’aperitivo con pane caldo e olive, ascoltando le musiche di qualche vecchio che strimpella per strada!

Mi è venuto in mente che potrei anche fare una capatina a Cipro. Sempre a Marzo che poi aprile fa già troppo caldo. Anima turca vestita in abiti greci. O viceversa? Mi piacciono i levantini. Mi danno l’idea del possibilismo, dell’immaginato che spinge per trasformarsi in realtà. Qui si è discusso per anni su confini e diritti. Ma qui sono passati anche proprio tutti. Romani, Bizantini, Veneziani e Ottomani. E poi qui è nata Afrodite. Volete mettere?!?

Il 17 aprile casca Pasqua. Potrei fare un sacco di cose in quel weekend lungo. Potrei tornare a Praga. A mangiare salsicce e gnocchi di pane e a gironzolare fra i vicoli gotici di Rodolfo II. Potrei ammirare  facciate in puro e sinuoso stile liberty perdendomi dietro kafkiani onanismi intellettuali o capitolare davanti a una birra. La seconda possibilità mi si addice maggiormente. E già che son lì faccio pure una capatina a Dresda. La fenice che sorge dalle proprie ceneri. Mi parrebbe anche una buona similitudine visti i tempi che corrono.

Oppure potrei lasciarmi sedurre dal fascino retrò di Vienna. Con il suo elegante ring che cinge la città. Con la sua sempreverde cattedrale di Santo Stefano, con le pasticcerie così fanè e così piene di cioccolato!!!! E visto che mi stancherò degli spigoli ostici di tutte le consonanti che la lingua tedesca profonde a piene mani, faccio un salto oltreconfine per tuffarmi nel mondo delle vocali aperte slave: Bratislava.  Lascio universi asburgici per immergermi in atmosfere orientali, più adatte al mio animo frontaliero.

Ma anche quattro, cinque giorni a Malta non sarebbero mica una brutta idea. Non che straveda per gli inglesi, ma l’isola ha gran fascino. Città fortificate in cui mi perdo prima di imbarcarmi alla ricerca del blu dipinto di blu. Calette incredibili, giardini meravigliosi, templi antichi, piccoli villaggi di pescatori. Sì. Anche Malta non sarebbe una brutta idea: mi riconcilierebbe con il mondo!

E dopo Pasqua viene il 25 aprile. Che cade di lunedì. E quindi sapete che faccio? Mi preparo per un tour più lungo e completo. Sono indecisa fra Portogallo e Andalusia.

Del mio ultimo pellegrinare in terra andalusa la prima cosa che ricordo è il Prosciutto! E so che è poca cosa rispetto alle architetture moresche, alle mesquite e cattedrali, alle storie di conquistatori e conquistati. Ma una birra ghiacciata in una qualunque delle piazze di Siviglia accompagnata dalle note di qualche flamenco in lontananza e da un piatto come Dio insegna di Jamon Serrano, ha sempre il suo perché!

Il Portogallo però sarebbe un’alternativa degna. Ah, che meraviglia guardare dall’alto delle sue scogliere le onde fragorose di un oceano indomito dove nascono, vivono e con buona pace dell’anima, muoiono granchi giganteschi che servono in tavola accompagnati a Viño Verde……Chiedo venia. Il mio lato enogastronomico ha sempre la meglio sulla cultura. E sì che il Portogallo ha così tante città belle da visitare e da capire. Ha una storia pazzesca, di terre conquistate e di menti visionarie, ardite e curiose, pronte a sfidare l’ignoto in cerca di Indie e gloria! E poi monasteri con claustri silenziosi pieni di fiori, fortezze imponenti, città in cui Pereira poteva srotolare lunghe passeggiate in cerca di significati e significanti. E ancora il fado: simbolo di una saudade che sarebbe riduttivo definire unicamente come malinconia. Piuttosto un ritornare dentro sé, accoccolarsi nella parte sinistra del proprio torace, lì, dietro al cuore. Nascosti ai propri pensieri per lasciarsi accarezzare dall’ineffabile che si allarga a macchia d’olio dentro l’esistenza.

Ma l’avete letta l’ultima frase??? Sarà meglio tornare al cibo e al vino.

O alla birra. In Olanda e Belgio ci sono le migliori. Vorrei esserci a maggio quando i parchi dell’Olanda straripano di colori, tulipani e poesia. La prendo larga e atterro a Bruxelles e mi godo la sua piazza meravigliosa. Quindi verso Gand e Bruge a immaginarmi cosa fossero queste cittadine nel periodo di massimo splendore in cui mercanti e artigiani ne popolavano le vie. Faccio una capatina ad Anversa nella speranza che qualche spasimante prenda in considerazione l’idea di ricoprirmi di diamanti e attraverso il confine. Sono a Delft. Ceramiche e pitture di Vermeer. Ragazze con un solo orecchino, biciclette e case in mattoni. Infine approdo in una Amsterdam il cui fascino, in ogni stagione dell’anno, si impone su tutto. Salgo e scendo da piccoli ponti, mi riparo gli occhi dalla luce accecante delle sue giornate primaverili, scorrazzo da un museo all’altro driblando fra un Van Gogh e qualche altro fiammingo illustre. Vorrei chiudere dicendo che bevo una birra, mi faccio uno spinello e torno indietro. Ma non fumo, e pensandoci bene, tutta questa birra fa ingrassare.

È davvero ora di rientrare in patria.