Lituania, Estonia e Lettonia

Lituania

Estoni, Lettoni e Lituani.

Mi sarebbe piaciuto tornare nelle Repubbliche Baltiche. Avevo già fatto il gusto alle storie pazzesche che mi avrebbero raccontato le guide: vicende di popoli sradicati e sradicanti che ancora aleggiano e popolano vicoli e cattedrali di questi paesi così tormentati.
Perché qui la buriana del secolo breve, è stata decisamente violenta. Qui sono passati in tanti. Sono entrati senza chiedere permesso e si sono fermati. Senza troppi riguardi hanno pensato fosse casa loro, per poi essere sbattuti fuori da nuovi conquistatori se possibile ancor più maleducati. E loro, i padroni di casa, gli Estoni, i Lettoni e i Lituani….lì alla finestra, a guardare come il soggiorno buono di casa venisse occupato da genti straniere entrate senza pulirsi le scarpe dal fango e incapaci di dimostrare riguardo alcuno per i soprammobili preziosi di famiglia.
E vabbè, mi direte. La storia è fatta così. Bisogna pur andare avanti e dimenticare. Bisogna pur perdonare. Ammesso, rispondo io, che qualcuno chieda scusa.
Riprendo in mano un libro pieno di cifre e nomi. “Scarpette da ballo nelle nevi di Siberia”. L’autrice è una certa Kalniete. Sconosciuta ai più. Come sconosciute sono le storie di grandi personaggi che qui sono nati e poi sono emigrati, in cerca di sorti meno grame. Comunque l’autrice è una Lettone. Di notte bussano alla porta. Uomini sconosciuti entrano. Le ordinano di prepararsi. Lei è piccola e ha appena ricevuto in dono un paio di scarpette da ballo. Pensa che tornerà presto a casa sua, ma quelle scarpette le mette nella borsa che prepara. Non le torneranno utili in Siberia. E a casa, in Lettonia, tornerà parecchio tempo dopo.
Così, con il sottofondo di queste storie tragiche, cerco di passeggiare con un occhio rivolto all’orrore di realtà a me così lontane. Ci provo mentre viaggio in Lituania, dove la popolazione ebrea è stata falcidiata come colonne di formiche moleste. Ci provo in una Lettonia dove sino a poco tempo fa la percentuale della popolazione di etnia russa era altissima rispetto al resto della popolazione. Ci provo in un’Estonia dove gli elfi dei boschi, potessero parlare, racconterebbero trame di film dalle tinte ben fosche.

Però, però.

Avete presente quella tecnica giapponese di recupero di oggetti rotti? La colla usata per rimettere insieme i cocci di un vaso, è dorata. Serve a rimarcare la rottura, per inscriverla nella storia dell’oggetto: una cicatrice che non solo non lo imbruttisce, ma lo impreziosisce. Mi sembra che i paesi Baltici abbiano usato la stessa tecnica per curare le cicatrici delle proprie ferite storiche: non sono state occultate, ma sono lasciate in bella mostra, cauterizzate con una colla dorata. Non sono un vanto. Non sono una vergogna. Sono quello che devono essere: cicatrici e passato. E il passato può essere utile e bello, se saputo maneggiare. Ciò che è utile insegna a non commettere gli stessi errori in un futuro. Ciò che è bello ingentilisce e rende elegante una modernità che in altri paesi ha solo spersonalizzato. Da qui il forte senso di identità nazionale da difendere con i denti.
Così chi andrà nelle repubbliche Baltiche troverà profumo di torta di mele e cannella, bellissimi palazzi in stile Liberty e fortezze medievali. Troverà altere bellezze bionde e vicoli su cui affacciano scure e piccole porte di fumose taverne. Vedrà lampioni dalla calda luce giallastra e vecchie insegne, cori lignei intarsiati con maestria dentro cattedrali austere e spoglie. La bambina con le scarpette da ballo è tornata dalla Siberia, ma non racconta ai nipoti di oggi la sua vicenda di deportazione. Racconta di uomini illustri e di ideali. Racconta di artisti e fantasia, di genialità e rispetto per la natura. Racconta della necessità di essere retti e consapevoli delle proprie radici, per andare avanti senza il terrore di voltarsi indietro, di tanto in tanto.
Il passato non fa paura. Il passato, da queste parti, insegna e fortifica.